La decisione della Corte Ue

A Lussemburgo i giudici hanno passato in rassegna vari elementi della normativa. Dalla valutazione dei rischi derivanti dall’uso dei prodotti fitosanitari, alla procedura che prevede test e studi forniti dal richiedente di un’autorizzazione per l’immissione sul mercato, fino alla verifica di tali elementi da parte delle autorità competenti e l’accesso pubblico ai documenti. Il risultato? Non sussiste alcun elemento capace d’inficiare la liceità dell’uso del glifosato.

Glifosato: di cosa si tratta

Erbicida più utilizzato al mondo – conta quasi 5 miliardi di dollari di vendite – il glifosato è un diserbante non selettivo, dunque una molecola che elimina indistintamente tutte le erbe infestanti. Introdotto nel 1974, dalla sua immissione nel mercato ne sono state spruzzate sui campi milioni di tonnellate. Si tratta di un prodotto economico e semplice da utilizzare.

La molecola viene sintetizzata negli anni Cinquanta nei laboratori della Cilag. Vent’anni dopo, nei laboratori della Monsanto (colosso Usa di recente acquistato dalla tedesca Bayer)è scoperta la sua azione come erbicida ad ampio spettro.

L’industria, così, lo brevetta e lo commercializza con il nome di Roundup. La sua diffusione diventa capillare con gli anni Novanta, periodo in cui la Monsanto inizia a introdurre sul mercato le prime colture geneticamente modificate, come la soia, resistenti al potente erbicida.

Dal 2001 il brevetto scade, e il glifosato viene utilizzato da molte aziende nella formulazione di diserbanti utilizzati non solo in agricoltura, ma anche nei prodotti per il giardinaggio e soprattutto per la manutenzione del verde. Quindi per liberare marciapiedi, autostrade e binari ferroviari dalle erbe infestanti.

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