Si dovrà attendere adesso la corte d’Appello perché la sentenza diventi esecutiva. Finora però tutto si è ripetuto con precisione quasi chirurgica. Il tempo a Longi pare dunque essersi fermato al 2017, quando i 1.070 elettori andarono alle urne, eleggendo Nino Fabio, di area centrista e convinto “democristiano”, come primo cittadino. Secondo arrivò Antonino Miceli, che fece ricorso: il fratello del neoeletto siedeva nel cda della Banca di credito cooperativo Valle di Fitalia di Longi, che gestisce la tesoreria del Comune da lui guidato.
Per questo il tribunale di Patti prima e la corte d’Appello poi, hanno sancito la sua decadenza. Sentenze che non sono state recepite però a Longi, dove, nonostante la decadenza, due mesi dopo Fabio si è ripresentato alle elezioni, della prima elezione. Nel 2017 ha superato il suo avversario di 61 voti, lo scorso aprile ha allungato la distanza dal secondo candidato, incassando 110 voti in più.
Nel frattempo il fratello del sindaco continua a sedere nel board della banca: “E’ una banca cooperativa, però”, sottolineava il primo cittadino nebroideo. Argomentazione che non ha convinto Miceli, arrivato secondo per la seconda volta, il quale ha presentato un nuovo ricorso che ha portato alla sentenza di ieri. La terza che dichiara l’incompatibilità del sindaco. “Una sentenza dall’esito scontato – sottolinea il deputato 5Stelle Antonio De Luca che aveva già sollevato il caso in aprile – che certifica che i cittadini di Longi hanno patito un abuso legalizzato, perché la legge gli consentiva di candidarsi ma l’opportunità politica doveva frenarlo. Bisogna mettere fine a questi balletti per i cittadini e si fa sempre più urgente la necessità di modificare la norma elettorale impedendo la candidabilità di questi soggetti che sono stati dichiarati decaduti, se non viene rimossa la causa della decadenza”.