La Procura nazionale antimafia, con le rispettive Direzioni distrettuali competenti sui rispettivi territori, ha già acquisito importanti risultati sul fronte della lotta alle agromafie. Ma sono ancora molte le indagini in corso tra Campania, Sicilia, Calabria e molte altre regioni del Settentrione che puntano a individuare i canali di quello che appare diventato il core business delle mafie italiane.

Indagini che puntano a dimostrare come Casalesi e siciliani non si contenderebbero più il territorio, avendo deciso di puntare verso un interesse condiviso, spartendosi la grande torta dei trasporti. Su gomma circola così di tutto: dalla cocaina alle armi, tonnellate di hashish e rifiuti (quelli comuni come quelli tossici), da un lato; e dall’altro i prodotti ortofrutticoli ed altri beni leciti. Perché, oggi, chi controlla il trasporto su gomma mette le mani su una parte importante dell’economia nazionale.

Da Firenze – dove nei giorni scorsi si è tenuto un incontro organizzato dalla Fondazione Caponnetto per celebrare il centenario della nascita del giudice toscano che prese il posto di Rocco Chinnici e volle accanto a sé Falcone e Borsellino – emergono nuovi particolari sulle strategie che stanno spingendo le cosche siciliane (e in particolare quella dei Corleonesi) a stringere accordi con la camorra di Terra di Lavoro. Un appuntamento, quello toscano, al quale ha partecipato anche il sostituto della Direzione nazionale antimafia Cesare Sirignano, il cui nome resta legato alle più importanti e delicate inchieste sulla camorra napoletana e casertana.

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