Corona Bond, Covid bond, Euro Bond, Piano europeo di recupero, Pandemic Bond, Emergency Bond, ma anche ECCL, MES e altro ancora. La tragica pandemia che sta imperversando in tutto il globo ha chiamato in causa argomenti storici per l’assetto del sistema economico finanziario europeo e presentato diverse novità, come la spaccatura dell’asse franco-tedesco sul tema dell’emissione di uno strumento comune di debitoL’Euro Bond o Corona Bond che lo si voglia chiamare, viene definito proprio così nella richiesta di 9 Paesi (Italia, Spagna, Francia, Lussemburgo, Belgio, Grecia, Portogallo, Irlanda e Slovenia) alla UE: “Abbiamo bisogno di uno strumento di debito comune emesso da un’Istituzione Europea per raccogliere fondi sul mercato sulla stessa base e a beneficio di tutti gli Stati Membri, assicurando così un finanziamento stabile e di lungo temine per le politiche richieste per il contrasto dei danni causati da questa pandemia”.

Tale richiesta ha causato il fallimento del Consiglio Europeo dello scorso 26 marzo generando un rinvio di due settimane in attesa di una proposta specifica dell’Eurogruppo allo stesso Consiglio che, come noto, riunisce i capi di Stato Ue. La spaccatura ha visto su due fronti opposti Spagna e Italia da un lato, Germania e Olanda dall’altro.

Che cosa si intende con il termine Euro Bond o Corona Bond?

Al momento non esiste una definizione che identifichi i Corona Bond. Si tratta soltanto di ipotesi finanziarie i cui contorni restano da definire a tratti di decine o centinaia di miliardi di euro.

La lettera dei nove paesi che li richiede, però, fornisce già delle indicazioni importanti, individuando “Uno strumento di debito comune emesso da un’Istituzione Europea per raccogliere fondi sul mercato sulla stessa base e a beneficio di tutti gli Stati Membri”. In pratica un debito garantito in qualche modo da tutti gli Stati membri ma a costi, quindi rendimento, uguali per tutti coloro che lo richiedano. Poche caratteristiche, ma una novità quasi assoluta in ambito UE.

Quanto costa il debito sul mercato?

Attualmente ogni Stato appartenete alla UE si finanzia con fondi propri raccolti sul mercato a rendimenti diversi. Se si guarda il debito decennale che fa da riferimento allo spread, al primo aprile 2020, questo implica che prestare 100 euro al governo tedesco per 10 anni costi 47 centesimi all’anno (ossia il prestatore deve pagare lo Stato federale 47 centesimi per potergli prestargli 100 euro); al contrario chi vuole prestare 100 euro all’Italia per una decade ottiene 1,55 euro l’anno come rendimento. Una differenza che su debiti dell’ordine delle migliaia di miliardi diventa ovviamente sostanziosa. Uno spread che dunque influisce in maniera pesante sulle finanze pubbliche dei Paesi interessati: attualmente l’Italia deve pagare circa 65 miliardi di euro l’anno di interessi sul debito, mentre in questa fase la Germania indebitandosi addirittura guadagna. Nel frattempo comunque la Bce, dopo avere azzerato i tassi, compra massicciamente asset di vario tipo, titoli di Stato compresi. Al quantitative easing europeo da 20 miliardi di euro al mese già avviato da Mario Draghi, la nuova presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ha aggiunto lo scorso 12 marzo altri 120 miliardi di acquisti entro la fine dell’anno e poi altri 750 miliardi di nuovi acquisti PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) il 18 marzo successivo. Le condizioni di questi acquisti variano in base al piano specifico della Bce, ma sono spesso legate alle quote Bce sul debito nazionale già presente sul mercato o alla quota della singola banca centrale nazionale nel capitale della stessa Bce (13,8% per l’Italia, 21,43% per la Germania ad esempio). Tutti questi titoli vengono però acquistati a condizioni di mercato dunque con un rendimento del -0,47% per la Germania e dell’1,55% per l’Italia se si prende il decennale al primo aprile (chiusura su MTS). Ovviamente i rendimenti variano con la scadenza (per esempio 3 mesi, 10 anni o anche 30 anni) e con le condizioni di mercato ogni giorno, ma sono sempre diversi emittente per emittente, stato per stato.

La proposta di un bond “emesso da un’Istituzione Europea per raccogliere fondi sul mercato sulla stessa base e a beneficio di tutti gli Stati Membri” sarebbe quindi rivoluzionaria, perché farebbe pagare a tutti gli Stati lo stesso interesse.

Per questo motivo i nove Paesi in questione hanno sottolineato come la crisi attuale sia “uno shock simmetrico esterno, del quale nessuno ha responsabilità, ma i cui effetti negativi ricadono su tutti”. La natura simmetrica ed esogena della pandemia, infatti, imporrebbe una risposta equa per tutti i Paesi, ossia la possibilità di ricorrere a nuovi finanziamenti a tassi uguali per tutti. Chiaramente il rischio di mutualizzazione, ossia condivisione, del debito tra i vari Paesi appare chiaro ed è per questo motivo che la trattativa si è per il momento arenata, con il fronte dei così detti “falchi” poco propenso a concessioni.

Esistono già degli Euro Bond? Il ruolo del MES

Emissioni di debito, obbligazioni o bond europei che dir si voglia, in realtà esistono già. Ci sono infatti i titoli emessi dai fondi salvastati ESFS e MES (meccanismo europeo di stabilità) oltre a quelli della BEI, la Banca europea degli investimenti. In termini di rendimenti, tuttavia, il vantaggio (almeno per Paesi come l’Italia o la Spagna) sarebbe lampante.

Al primo aprile il rendimento annualizzato dei titoli del MES era dello 0,76% e quello dell’EFSF dell’1,24%, ma entrambi sono Fondi Salvastati i cui finanziamenti sono sottoposti a condizioni molto severe dalla Troika formata da Commissione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale, che possono richiedere al diretto interessato pesanti impegni nelle politiche nazionali, interventi sulla spesa pubblica, privatizzazioni e monitoraggi anche mensili per il rispetto del piano di rientro (la cosiddetta sorveglianza rafforzata).

Le finalità del MES

Il MES ha dunque lo scopo di garantire finanziamenti fortemente condizionati a uno stato membro non più in grado di finanziarsi sul mercato perché i rendimenti chiesti ai suoi titoli sarebbero eccessivi. Per chiarezza i fondi di EFSF prima e MES dopo sono già stati impiegati per GreciaCiproPortogalloIrlanda e Spagna.

Perché si discute tra MES ed Euro Bond?

La discussione sui Corona Bond ha visto un passaggio preventivo, ma fondamentale. Mario Centeno, presidente portoghese dell’Eurogruppo e Klaus Regling presidente tedesco del MES hanno infatti proposto le linee di credito precauzionali ECCL (Enhanced Conditions Credit Line). Sono linee di credito del MES impiegabili, ma soggette alla sorveglianza rafforzata, dunque alla Troika. Oltretutto alla stato attuale arriverebbero al 2% massimo del Pil del Paese che se ne serve, per l’Italia circa 35 miliardi di euro.

Va però considerato anche un altro fattore: l’attivazione di uno strumento del MES, come appunto le linee ECCL, consentirebbe di sbloccare uno strumento della BCE molto potente sebbene mai impiegato, ossia le OMT (Outright Monetary Transactions). Si tratterebbe di acquisti potenzialmente illimitati di titoli di stato, che prevedono però “strette ed esplicite” condizioni collegate a un programma MES ed eventualmente anche a indicazioni e supporto dell’FMI. Uno strumento che potrebbe mantenere bassi e sostenibili i tassi di un Paese messo alle strette dalla pandemia.

Un discorso a parte meritano invece le obbligazioni emesse dalla BEI, la Banca Europea degli Investimenti che finanzia da anni importanti progetti di lungo termine a supporto degli obiettivi dell’Unione. Si tratta di bond, di vario tipo e struttura, che raccolgono risorse sul mercato e sono garantiti da tutti i Paesi membri, godendo dunque dei massimi rating (la tripla A) delle agenzie. Questo significa che i rendimenti chiesti su questi titoli sono molto bassi. Secondo diversi osservatori potrebbero essere lo strumento più adeguato in questa circostanza. Il loro vantaggio è la capacità di essere messi al servizio di obiettivi specifici che l’Unione Europea vuole portare avanti.

Euro bond “di scopo” o “a obiettivi”

L’Italia ha da subito chiarito che non intende far pagare ad altri i propri debiti. Il premier Giuseppe Conte ha precisato di non pensare a “una mutualizzazione del debito pubblico. Ciascun Paese risponde per il proprio debito pubblico e continuerà a risponderne”. In poche parole “pagheremo il debito, come abbiamo sempre fatto” ha affermato.

L’idea di una garanzia comune però rimane lo spauracchio di Germania, Olanda, Austria e altri Paesi del Nord preoccupati che i Paesi del Sud spendano e si indebitino con risorse appartenenti anche a loro.

Il commissario UE all’Economia Paolo Gentiloni ha però avvertito che una generica condivisione del debito in Europa potrebbe non essere mai approvata, mentre l’ancoraggio di risorse comuni a obiettivi condivisi potrebbe aprire la strada a un accordo. Ad esempio finanziamenti comuni dell’emergenza sanitaria, garanzie UE per la disoccupazione o il sostegno delle imprese.

E’ un approccio trasversale che sembra incoraggiare la Commissione UE all’annuncio di una “cassa integrazione europea” soprattutto a favore dei Paesi più colpiti e con dotazione fino a 100 miliardi di euro.

Il progetto denominato “Sure” (State sUpported shoRt-timE work) si inserirebbe in un pacchetto più ampio. Un segnale di confronto, un piano da 100 miliardi per tutta l’Unione, non confrontabile ai due mila miliardi di dollari messi in campo dalle politiche fiscali Usa, ma che  mostra la volontà di cercare un percorso comune dopo giorni di discussioni.

Gli esiti dell’Eurogruppo del 9 aprile

Dopo due rinvii e un acceso confronto diplomatico, l’Eurogruppo ha licenziato conclusioni articolate che hanno subito riacceso il dibattito politico europeo e nazionale. Il meeting dei ministri finanziari europei chiamati a trovare una risposta congiunta europea alla crisi è stato anticipato da due macigni sull’ipotesi di obbligazioni comuni europee: il divieto esplicito del Parlamento olandese al governo di accettare qualunque soluzione che prevedesse degli Euro Bond ed il no diretto della cancelliera tedesca Angela Merkel a ogni ipotesi di debito condiviso. Sotto questi cattivi auspici per le posizioni italiane e dei nove che sostenevano l’emissione di uno strumento comune di debito per il sostegno dell’economia UE, il dibattito dei ministri finanziari dell’Eurozona, allargato a quelli dell’Europa non euro, ha avuto inizio.

Dopo le undici di sera, le conclusioni hanno dato l’atteso via libera a “tre reti di sicurezza”

La prima  è il citato Sure per il sostegno al lavoro da 100 mld, la seconda il potenziamento della dotazione della Bei per le PMI e le imprese fino a 200 mld (50 mld in più), la terza il MES, a condizioni dichiarate più morbide (come requisito si chiede solo che sia diretto a coprire le spese sanitarie collegate al Covid 19), ma anche esplicitamente vincolato alle previsioni del trattato sul MES, quindi comunque alla supervisione economica e monetaria della Troika e a un ammontare del 2% del Pil 2019 del Paese richiedente. Potenza di fuoco totale ad hoc del fondo salvastati calcolata da diversi osservatori in 240 miliardi di euro.

Il MES, il cui ricorso rimane soggettivo ossia può essere attivato solo a richiesta di uno stato dell’Eurozona, rimane al centro del dibattito in Italia e il governo si è dovuto affrettare a smentire ogni ipotesi di ricorso a questo strumento che viene bocciato ancora come inadeguato. Il ministro italiano dell’Economia Roberto Gualtieri ha ammesso che si è trattato di un negoziato difficile e a tratti aspro, ma si è detto soddisfatto perché è rimasta sul tavolo “la proposta italo-francese di un grande Fondo per la Ripresa alimentato dall’emissione di debito comune europeo”.

E’ questo il quarto dato del comunicato dell’Eurogruppo che propone effettivamente una riflessione ai leader che si riuniranno nel prossimo Consiglio Europeo: un “Fondo per la Ripresa” da finanziare con il budget europeo per riavviare l’economia del dopo-virus in linea con le priorità europee e con solidarietà verso gli stati membri più colpiti. Sarebbe un fondo temporaneo, mirato e commisurato ai costi straordinari della crisi attuale con l’obiettivo di diluirli nel tempo tramite un finanziamento appropriato.

La nota dell’Eurogruppo specifica che: “Soggette alle direttive dei Leader (i capi di stato e di governo che compongono il Consiglio Europeo, ndr), le discussioni sugli aspetti legali e pratici di questo fondo, compresa la sua relazione al budget europeo, le sue fonti di finanziamento e su innovativi strumenti finanziari, in linea con i trattati europei, prepareranno il campo per una decisione”. 

Il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno conferma che c’è ancora una spaccatura tra chi ritiene che il Fondo di ripresa debba essere finanziato con Euro Bond e chi sostiene che vadano trovate altre soluzioni alternative di finanziamento.

A conti fatti l’ammontare delle risorse europee messe in campo, al netto degli interventi nazionali, è pari a 540 miliardi di euro, senza considerare questo Fondo per la Ripresa che, come detto, è ancora soggetto a molteplici incertezze. Si ipotizzano, da parte francese, possibili risorse per il Fondo da altri 500 miliardi, magari con Recovery Bond a 15-20 anni, ma come detto ne dovranno parlare i leader.

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