La resa dei conti con i fantasmi
I Cowboy Junkies sono una band canadese formatasi nel 1985, composta da Margo Timmins (voce), Michael Timmins (chitarra), Peter Timmins (batteria) ed Alan Anton (basso).
La loro musica affonda le radici nella tradizione americana, tra folk, country e blues, ma la reinterpreta con gusto personale ed incedere spesso rallentato.
La voce eterea ed inconfondibile di Margo costituisce poi un marchio di fabbrica della band a conduzione (quasi interamente) familiare, insieme alle atmosfere rarefatte, inquiete e malinconiche che pervadono i brani.
Il successo arriva con l’album “The Trinity Session”, 1988, che contiene una cover di “Sweet Jane” dei Velvet Underground, apprezzata anche dallo stesso Lou Reed, e proprio il gusto delle cover mette in risalto il loro stile personalissimo, come ad esempio nella “Powderfinger” di Neil Young, oltre che nei pezzi di propria produzione.
Nel luglio del 2018 avevano pubblicato il loro ultimo album, l’ottimo “All That Reckoning”, poi, come spiegano nel lungo post pubblicato sulla loro pagina Facebook, due mesi dopo è morta la madre dei tre fratelli Timmins.
Così, dalla realizzazione che la “resa dei conti” non era ancora finita, è nato questo progetto, con canzoni che ruotano intorno al dolore, alla paura, all’ansia, alla bellezza; canzoni che esaminano la complessità delle emozioni derivanti dalla perdita di un genitore.
Ed allora si sono resi conto che questi pezzi avevano molto a che fare con l’ultimo album appena pubblicato, tanto da farne scaturire un progetto di pubblicazione come set di due dischi in vinile, in edizione molto limitata, composto da una versione rimasterizzata e rielaborata di “All That Reckoning” e da un secondo disco, proprio “Ghosts”.
Nel frattempo, il mondo si è fermato a causa della pandemia, e così hanno deciso comunque di rendere disponibili i nuovi brani su tutte le piattaforme di streaming.
Si parte con “Desire Lines”, rallentata e con chitarre d’ordinanza, qualche cambio di registro nel finale e la solita, splendida voce di Margo.
In “Breathing” ad essere in evidenza è il piano, e scorre delicata, rarefatta, con un finale di effetti che la lega alla successiva “Grace Descends”, ancora ritmi rallentati ma caldi, ovattati, ancora piano e chitarre.
“(You Don`t Get To) Do It Again” è più veloce e ritmata, con chitarre taglienti, quasi psichedeliche.
“The Possessed” era il brano conclusivo del precedente “All that reckoning”, e si presenta scarna e malinconica.
Con “Misery” torna il rock, in una canzone più ariosa ed accattivante.
“This Dog Barks” ci riporta ai ritmi rallentati, con organo e violini sullo sfondo che la caratterizzano, con alcune esplosioni di suoni ricchi e distorti.
“Ornette Coleman”, omaggio al grande sassofonista jazz, chiude con semplicità, solo una chitarrina, un piccolo assolo di sax e la voce di Margo che ci riempie di emozioni.
Otto brani, poco più di mezz’ora di grande musica, nello stile di un gruppo che in 35 anni di attività non ha mai deluso, rimanendo sempre coerente con la propria idea di musica, senza cadere mai nella monotonia o nella ripetitività.
Rino Bonina