Dopo le canzoni tristi e malate di Berlin (1973) un album che nella sua atmosfera acustica e decadente, non risparmia crudeltà piccole e grandi, Lou Reed torna all’attività concertistica. Sempre alle prese con problemi di droga e depressione, ma in condizioni migliori, si esibisce il 12 dicembre 1973 alla Howard Stein’s Academy of Music Di New York, da dove viene ricavato questo disco, (uscirà un seguito nel 1975 con il titolo Lou Reed live) che risulterà il suo album più venduto. Capelli corti, cerone bianco sul volto, occhi e labbra dipinti di nero, è così che si presenta sul palco un Lou Reed fantasmagorico, accompagnato dai chitarristi Steve Hunter, e Dick Wagner, dai bassisti Ray Colcord e Peter Walsh, e dal batterista Johnny Prakash.

Tra versioni di vecchi brani dei Velvet Underground, e una Lady Day dall’aspetto di una punk girl libera e selvaggia, Lou Reed sfoggia un rock metropolitano grezzo e diretto,lirico e di grande impatto emotivo. Alla fine consegna alla storia uno di quei dischi che tutti almeno una volta nella vita dovrebbero sentire, per capire il vero senso di questa musica.

Bartolo Federico

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