Palermo - Borgo Vecchio

Pubblichiamo il Comunicato stampa di Ora Sicilia. Ho sostenuto con convinzione la candidatura di Leoluca Orlando. Di più: “Alleanza per Palermo”, la mia lista, è stata la prima a dichiarare pubblicamente su quale profilo avrebbe puntato. Orlando, appunto, che probabilmente senza il nostro appoggio non avrebbe raggiunto l’ennesima sindacatura, perché quella manifestazione pubblica di sostegno divenne un traino per altre liste. “Alleanza per Palermo” aveva una sua caratteristica peculiare: non risultavano uscenti tra le sue fila. Una scelta legata all’idea che questa città avesse bisogno di una nuova spinta propulsiva. Di nuovi profili, di nuove idee. Amici, e tra questi tanti professionisti, inclini al cambiamento, quello vero e non sbandierato. Persone perbene che avrebbero dato una mano, lo scrivo con cognizione di causa, anche a titolo gratuito. Con questo gruppo avevamo creduto a quello slogan “Facciamo squadra”, che è però rimasto, purtroppo, solo uno slogan elettorale. Perché i fatti hanno detto altro. Ma per me fare squadra, in politica e nella vita, non è un’opzione ma una necessità. Questo, per intenderci, è il motivo per cui ho recentemente sposato il progetto Ora Sicilia: un gruppo parlamentare composto da deputati che condividono la filosofia della squadra, il principio, sempre vincente, del gruppo. Da questa nuova prospettiva e tornando alla crisi d’identità che sta uccidendo la mia città, ritengo sia arrivato il momento di tracciare una linea. Palermo, che sino a poco tempo fa riusciva a barcamenarsi in una sorta di galleggiamento costante, uno stato di sopravvivenza che doveva essere il punto di partenza per raggiungere il punto di svolta, oggi si trova sott’acqua – metaforicamente e non – e rischia di sprofondare. Certo, non possiamo non considerare lo shock connesso all’imprevedibile crisi sistemica scatenata dalla pandemia. Ma c’è molto altro: una sostanziale inerzia dell’amministrazione Orlando, che ha reso Palermo una città peggiore, sotto ogni aspetto. Il Covid-19, e tutti gli effetti collaterali penalizzanti sul piano socio-economico, oggi si stanno rivelando uno splendido alibi per chi vuole sfuggire alle proprie responsabilità. E ancora le “cricche”, di cui il sindaco Orlando parla a denti stretti, stanno andando ad incrementare proprio quel calderone di alibi per tentare, goffamente, di sfuggire a delle evidenti responsabilità che invece ai palermitani non sono sfuggite. Non è un caso, in tal senso, che l’attuale sindaco di Palermo, in termini di indici di gradimento, sia praticamente il peggiore in Italia. Perché i palermitani sono acuti osservatori. Osservano e giudicano. E i paraventi non possono più mettere al riparo il sindaco e l’inconsistenza della sua azione di governo della città. Sì, perché sono troppe le promesse infrante. Io, per dire, ho scelto di sostenere l’attuale primo cittadino a seguito di una stretta di mano. Ho chiesto interventi mirati nell’interesse della città. Interventi rimasti lettera morta. Il ponte di Corleone, la valorizzazione dei mercati storici, la bonifica dei quartieri. E ancora il sottopasso di Perpignano, dove abbiamo registrato quasi una decina di morti negli anni recenti. L’ultimo di questa serie si chiamava Agostino. Aveva 17 anni. Diciassette. Ecco, da quella stretta di mano il nulla: nessuna delle promesse che mi sono state fatte hanno visto, non dico un’accelerazione sostanziale, ma nemmeno l’accenno di un interesse spicciolo. Il nulla. Ed ecco perché il declino degli indici gradimento, nel rapporto tra le città e il suo sindaco, non è frutto del caso: è, piuttosto, un esercizio di realismo. Fino a raggiungere il punto più basso, in un 2020 che non potremo più cancellare: l’anno di una città svuotata dei suoi turisti, delle strade ridotte in condizioni inaccettabili, dei cadaveri non seppelliti. Al sindaco Orlando chiedo, anche a nome delle migliaia di persone che nel sottoscritto hanno creduto e continuano a credere, uno scatto di sano orgoglio: l’orgoglio degli uomini che pensano in grande. Spieghi perché Palermo è ridotta com’è ridotta. Denunci le “cricche”, se ci sono, perché la città non può più aspettare, se è vero che a governarla sono sottoboschi di interessi balordi, che avrebbero pure trovato sponde, decisive, all’interno della macchina politico-amministrativa che oggi rappresenta la nostra comunità. Altrimenti, il sindaco accetti l’idea che questa città ha trasformato la fiducia in sfiducia, l’amore che gli aveva riservato in diffidenza. Se quelli dietro cui il sindaco si ripara non sono alibi, ce lo dirà, a strettissimo giro, il futuro prossimo. E se invece nulla dovesse cambiare, accetti il sindaco di guardarsi allo specchio e considerarsi un capitolo chiuso della storia di questa città.

Totò Lentini

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