Palermo – Il modus operandi “dell’Operazione Lazzaro” sistemico pensato e messo in piedi dal gruppo criminale consisteva: il soggetto, prescelto come il falso morto nella maggior parte dei casi connesso ai vertici dell’associazione da rapporti di conoscenza pregressa spesso lavorativa, contraeva una o più polizze assicurative sulla vita, indicando in essa come beneficiario, nella maggior parte dei casi, il proprio convivente, un parente o un altro membro del gruppo criminale. Dopo la corresponsione da parte dell’assicurato di pochissime rate mensili relative al premio assicurativo, attraverso la produzione agli uffici delle poste e/o compagnie assicuratrici preposti alla stipula di tali contratti di documenti volti ad attestare il falso decesso dei soggetti contraenti, il beneficiario indicato nella polizza richiedeva illegittimamente il riscatto del premio assicurativo e otteneva l’intera somma prevista, che successivamente veniva movimentata mediante complesse operazioni coinvolgenti svariati conti correnti.  Ciò avveniva attraverso un sistema di accrediti e successivi prelievi disvelato pienamente sia dall’indagine di carattere patrimoniale sui conti corrente dei beneficiari dei premi, sia attraverso le successive attività di intercettazione telefoniche.

Il gruppo criminale aveva posto in essere un sistema molto complesso anche in ordine alla presentazione della documentazione a corredo della dichiarazione di morte del contraente. La documentazione prodotta era sempre la stessa. Il certificato di morte completo in ogni suo dettaglio. L’esibizione della scheda di bordo relativa all’intervento del servizio 118 con l’indicazione precisa dei medici e del personale intervenuto che attesta il decesso. In alcuni casi l’inserimento tra la documentazione della Scheda Istat di morte, avente un numero di protocollo, rilasciata dall’Unità Sanitaria Provinciale di Palermo. La relazione del medico curante, corredata da timbro e numero di registro regionale, era idonea ad ingenerare nelle compagnie assicurative l’esistenza di atti pubblici originali attestanti effettivamente la morte del contraente. Le indagini, svolte dalla Squadra Mobile di Palermo, hanno portato alla luce l’esistenza di una struttura associativa con un vertice capace di ideare, progettare e orchestrare le diverse e complicate fasi dell’intero iter criminale. I vertici della consorteria colpita dal Fermo odierno sono individuati in DI MATTEI Danilo, TANTILLO Giuseppe, FRENNA Calogero Santi, con precedenti di polizia; i tre muovevano le fila del sistema criminale posto in essere gestendo la fase propedeutica di scelta dei soggetti da coinvolgere; accompagnavano spesso i “futuri morti” per la stipula di uno o più contratti assicurativi; decidevano il momento in cui doveva procedersi alla dichiarazione di morte del falso defunto; curavano la fase di creazione materiale degli atti falsi da presentare alle compagnie che attestassero la morte del contraente e permettessero così la liquidazione del premio assicurativo; e poi si occupavano della accensione di conti corrente da parte dei beneficiari, per la ricezione del premio; determinavano le quote associative da distribuire a seguito dell’ottenimento del premio assicurativo.

Ai fratelli PATTI Salvatore e Agostino e a RINI Salvatore viene attribuito il ruolo di organizzatori della consorteria criminale; gli stessi provvedevano sia a fungere da beneficiari e finti deceduti di alcuni contratti assicurativi, ed altresì si occupavano  della fase di smistamento delle somme accreditate dalle compagnie assicuratrici attraverso innumerevoli movimentazioni di denaro e prelievi in contanti volti ad ostacolare la tracciabilità delle somme indebitamente ottenute. Le indagini permettevano di accertare la realizzazione di almeno 20 truffe assicurative, già liquidate o in procinto di esserlo, con un “giro d’affari” che ha fruttato finora all’organizzazione criminale proventi per circa 2.700.000,00 euro.

A questi si aggiungono, inoltre, come detto i premi assicurativi che sono in procinto di essere liquidati perché sono state già dichiarate le false morti di alcuni sodali, per un potenziale totale ammontante a circa 5.000.000 euro. Risultano, allo stato,  coindagati nel medesimo procedimento penale, numerosi altri soggetti che a vario titolo fornivano il proprio contributo per la piena riuscita dei fini dell’associazione, prestandosi a rivestire il ruolo di beneficiari o di finti morti, prelevando le somme accreditate su carte postepay a loro intestate, smistando le somme con successive operazioni di accrediti a terzi o di prelievi di contante. Si tratta di soggetti a disposizione dell’associazione che, se pur formalmente morti per le compagnie assicurative, continuavano a svolgere normalmente la loro vita lavorativa e personale. Nello statuto della consorteria criminale, di difficile penetrazione investigativa, emergono numerosi delitti di riciclaggio ed autoriciclaggio.

Il DI MATTEI, ad esempio, è ritenuto responsabile anche di diversi episodi di autoriciclaggio per avere investito parte dei proventi illeciti delle truffe sia nelle attività imprenditoriali concernenti locali immobili adibiti a parcheggio e autorimessa per vetture in alcune delle più importati vie del centro cittadino, intestate formalmente all’ prestanomi, sia nell’acquisto di immobili.

Anche i F.lli PATTI Agostino e Salvatore e il RINI Salvatore si sono resi responsabili di numerose operazioni di riciclaggio mediante il sistematico prelievo di ingenti somme di denaro contante che venivano rapidamente “fatte sparire” dai loro conti correnti una volta ricevute le liquidazioni dalle assicurazioni per essere redistribuiti a favore della compagine delinquenziale. Parimenti la T. L. ed il F.N. pure risultano gravati da numerosi gravi indizi circa delitti di autoriciclaggio, per avere reinvestito parte dei proventi delle truffe in attivita commerciali da loro gestite sempre attraverso prestanomi.

Nell’ambito dell’esecuzione dei provvedimenti si è provveduto ad eseguire diverse perquisizioni delegate sia presso le abitazioni di numerosi indagati sia presso alcune attività imprenditoriali. Si è proceduto inoltre a sequestrare beni mobili ed immobili nonché numerose attività commerciali, valori ed utilità economiche di considerevole entità, riconducibili sia ai delitti di riciclaggio ed auto riciclaggio sia riferibili direttamente o indirettamente a soggetti con redditi formali di gran lunga inferiori alle loro effettive capacità economiche tanto da figurare quasi come soggetti impossidenti. Si tratta, in particolare di esercizi di autorimessa e parcheggio, esercizi di vendita di prodotti alimentari ed affini, quote di beni immobili, ai quali va aggiunto il sequestro di svariati conti correnti utilizzati per le complesse operazioni di riciclaggio.

Nello specifico:

–         ditta individuale ed intero patrimonio aziendale, con sede in Palermo via Notarbartolo 27/d ed ulteriori sedi operative in via G. la Farina 38,40,42 e Via Croce Rossa 122, esercente attività di garage e rimessaggio e lavaggio autovetture,  intestata a M.O. ma nella disponiblità del DI MATTEI;

–         Quota del 50% della proprietà di un terreno sito in Palermo Zona Cruillas intestato a M.O.;

–         Ditta individuale “La boutique del caffè “ed intero patrimonio aziendale con sede in Palermo via Zandonai 20, esercente l’attività di vendita al dettaglio di prodotti alimentari e per caffè, intestata a C.M., ma nella disponibilità di F. N.  e della moglie T.L.;

–         Ditta individuale “La Bottega del caffè e oltre” di F.N. ed intero patrimonio aziendale con sede in Palermo Cortile Cardinale n. 1, esercente l’attività di commercio on line di prodotti del caffè e surgelati.

–         Nr. 4 veicoli di proprietà di F.N. ed un’autovettura intestata al DI MATTEI.

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