Ci chiediamo spesso quando vediamo ragazzi, uomini, donne e bambini che arrivano in Italia, molte volte rischiando la vita in viaggi di fortuna: Perché partono, perché lasciano il Paese d’origine? Non è facile rispondere. Ho sentito tante di queste storie fatte di violenza, fame, miseria, di guerre.

La storia di Selam, non cambia molto dalle altre, almeno all’inizio. Cambia forse quello che è riuscito a fare, il suo riscatto, la sua grande forza, la sua saggezza. Arrivato in Italia a 20 anni, non si piega, non si ferma, lavora sempre e studia. Riesce a studiare a NOlab Academy e oggi è un Pastry Chef a Venezia. Conosciamo questo ragazzo tramite le sue stesse parole.

“In questa foto avevo 6 anni. Sono nato in un piccolo villaggio del Nord Albania il 07/08/1986. Ricordo tutto anche se ero piccolo. In quegli anni c’era ancora il regime comunista di Enver Hoxha. Lui morì nell’ 85, ma la dittatura aveva radici molto profonde e durò fino al 1991. Da lì scoppiò tutto, non dimentichiamo l’emigrazione albanese. Gli albanesi furono i primi emigrati in Italia. In quel periodo l’Italia riconobbe per la prima volta i rifugiati.

Ricordo molto bene la mia vita nel villaggio. In casa eravamo 8 figli, 5 fratelli, 3 sorelle e i genitori. Nel 1995 ho perso due fratelli in un incidente in Grecia, Basria e Islam, uno di 21 e l’altro di 18 anni. Erano andati a guadagnare quel pezzo di pane che ci mancava in casa. È stata una grande perdita per la nostra famiglia che da lì non si è più ripresa e ha avuto sempre problemi. Con la perdita dei due fratelli si faceva fatica a pensare in positivo. Quante lacrime e quanto dolore!

Alla quarta elementare senza che io avessi fatto nulla di sbagliato mi hanno tolto il diritto di istruzione. Hanno tolto me e i miei due cugini dalla scuola definitivamente, gli stessi maestri che insegnano ancora lì. Eravamo solo dei bambini ai quali mancava il pane a casa!

Credo che è stato un grave errore da parte loro. Eravamo poveri, non avevamo tutti i libri, i quaderni, ma si doveva agire in un altro modo, si doveva trovare un’altra strada. Lo racconto perché per me è stato terrificante e ingiusto.

Da lì, fino a 18 anni sono sempre rimasto in quel piccolo villaggio facendo lavori di fattoria. Sognavo sempre di andare via. Lì, non avevo un futuro e non avevo niente.
Amavo la cucina in generale; fin da piccolo facevo dei dolci albanesi e da lì la mia passione per la cucina cresceva anno dopo anno.

All’età di 20 anni mi sono trasferito in Italia. I primi anni è stato molto difficile, non sapevo né scrivere né leggere. Sono sempre stato un grande lavoratore e non ho mai detto di “no” a qualsiasi lavoro, purché onesto. Di giorno lavoravo e di notte studiavo. Ho imparato l’italiano in 3 mesi, lo leggo e lo scrivo come vedete… Magari con qualche errore, ma con quello che vi ho raccontato credo sia tutto perdonabile.

Libri dopo libri, ricette dopo ricette e tante prove, ho sempre lavorato. Oggi sono molto contento e orgoglioso dei miei risultati. Porto con me la povertà, la disgrazia, la solitudine, l’abbandono, tanti alti e bassi, ma non mi sono mai arreso e mai succederà.

Ed eccomi oggi mentre creo delle opere d’arte con le mie ricette. Quando preparo un dessert per me è una cosa magica, tanti ingredienti insieme e poi boom… nasce un opera d’arte.

Chi mi conosce sa come sono fatto, sono molto rispettoso nei confronti degli altri, ma allo stesso tempo so difendermi da qualsiasi cosa. Mi piace ridere e scherzare, anche sul lavoro mi diverto ridendo e scherzando con i colleghi.

Concludo dicendo che nella vita, qualsiasi cosa succeda, non bisogna arrendersi mai”