Se noi siamo in una condizione di gestire la curva del contagio, come confido stiamo facendo e continueremo a fare, non sarà necessario imporre un trattamento sanitario obbligatorio e preferiamo, fino all’ultimo, preservare la facoltatività della vaccinazione”, ha detto Giuseppe Conte. Un’interpretazione letterale della locuzione “trattamento sanitario obbligatorio” fa riferimento all’istituto presente nella Legge Basaglia, ed è un provvedimento che limita le libertà personali e impone il ricovero coatto di pazienti con problemi psichiatrici. È evidente che il presidente del Consiglio non si riferisca a questo istituto, argomentando l’eventuale necessità di ricorrere all’obbligatorietà del vaccino, che allo stato delle cose è stata esclusa dallo stesso Giuseppe Conte. Tuttavia è chiaro il fraintendimento generato dall’utilizzo con leggerezza di una locuzione che richiama situazioni drammatiche, soprattutto in un momento così delicato per il Paese. Le preoccupazioni dei cittadini sono elevate, l’epidemia ha minato l’umore e non c’è fiducia nell’esecutivo. Va da sé che l’evocazione di un trattamento sanitario obbligatorio abbia scatenato i commenti preoccupati dei cittadini.
Ma cosa è il TSO? – Trattamento sanitario obbligatorio
In Italia i trattamenti psichiatrici sono di norma volontari: ognuno di noi ha il diritto di scegliere “se” e “come” curarsi, di essere adeguatamente informato sulla natura e gli effetti della terapia e di rifiutare qualsiasi tipo di cura gli venga somministrata contro la sua volontà.
L’unica eccezione è data dal trattamento sanitario obbligatorio (Tso) che consiste nel ricovero coatto e forzato del paziente che presenta problemi psichiatrici che lo rendono potenzialmente pericoloso per sè stesso e per la comunità.
Il relativo provvedimento è emanato dal sindaco del Comune del luogo in cui il soggetto ha la residenza o in cui momentaneamente si trova. È lui, pertanto, in quanto autorità sanitaria, a disporre che la persona sia sottoposta a cure psichiatriche, normalmente attraverso il ricovero presso i reparti di psichiatria degli ospedali generali (Spdc – Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura), il cui responsabile ha, nel corso dell’intero iter, una serie di compiti:
- comunica al sindaco l’avvenuto ricovero;
- comunica al sindaco la cessazione del Tso;
- comunica al sindaco la necessità di prolungamento del Tso oltre i sette giorni (durata prevista per il Tso), indicando il numero presumibile di giorni aggiuntivi;
- comunica al sindaco l’intervenuta impossibilità di proseguire il Tso (ad esempio, per allontanamento del paziente dal reparto). In tal caso indica i provvedimenti necessari da attuare. Qualora il paziente rientri in reparto entro sette giorni, l’ordinanza del sindaco deve considerarsi ancora valida.
Alla luce di quanto scritto sopra, si è trattato quindi di una leggerezza di linguaggio da parte del Presidente del Consiglio.