La Dda di Palermo ha disposto il fermo di 16 persone accusate di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, danneggiamenti, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi da fuoco.
L’indagine, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e condotta dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Palermo, riguarda il «mandamento» mafioso di Tommaso Natale e, in particolare, le «famiglie» di Tommaso Natale, Partanna Mondello e ZEN – Pallavicino.
Tra gli indagati anche un capomafia storico: Giulio Caporrimo che, tornato in libertà dopo una lunga detenzione, a maggio 2019, ha dovuto fare i conti con la nuova leadership di Francesco Palumeri, asceso al vertice del clan dopo la riorganizzazione degli assetti mafiosi seguita agli arresti disposti con l’inchiesta Cupola 2.0.
L’allontanamento da Palermo del capomafia ha confermato la piena operatività delle decisioni prese dalla nuova commissione provinciale. E Palumeri, in quanto portavoce e vice del boss Calogero Lo Piccolo, figlio dello storico padrino Salvatore Lo Piccolo, ha acqusito il titolo per imporsi sul suo rivale.
Cosa nostra, organizzazione verticistica disciplinata da «regole» precise, si è trovata davanti a un bivio (Bivio è anche il nome dell’indagine): accettare l’organismo provinciale della commissione, oppure, rimettere in discussione tutto attraverso le persone più carismatiche nel tempo rimesse in libertà, come Caporrimo.
Ma in Cosa nostra è nata anche una nuova “famiglia» mafiosa: quella dei quartieri Zen-Pallavicino, affidata alla gestione di Giuseppe Cusimano. Dall’indagine è venuto fuori che il neo costituito clan aveva problemi gestionali, dovuti all’esuberanza criminale e alla violenza di alcuni suoi esponenti.
Un esempio è quanto accaduto lo scorso settembre 2020 nel quartiere ZEN, quando due gruppi armati si sono sfidati «a duello». Le due bande si sono affrontate, armi in pugno, in pieno giorno e in strada, sparando colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o ferito nessuno. L’episodio ha indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti e a progettare l’eliminazione di alcuni soggetti non «allineati” e non controllabili. Solo l’intervento degli inquirenti ha scongiurato nuovi omicidi.