Siciliano trapiantato in Liguria, Antonio Clemente con questo album giunge al suo quarto lavoro discografico, ma la sua anima artistica oltre che in musica si esprime anche in poesia e pittura.

Questo album, dalle geograficamente variegate sfumature musicali, nelle parole dell’autore, vuole essere una rappresentazione di una storia d’amore racchiusa e metaforicamente raccontata entro “I confini del giorno”.

Infatti, i brani rappresentano una sequenza temporale a partire, dopo una “Intro” che altro non è che una breve introduzione a quello che sarà il disco, da “Notturna”, ritmo folk e fisarmonica che ci portano un po’ in Francia, un po’ sui Balcani; uno dei brani più riusciti del disco, direi più a fuoco.

Dopo la notte, “Svegliami” sembra raccontare un inizio tormentato dagli strascichi di un incubo notturno; un altro pezzo musicalmente riuscito, con ritmo rock e flauto quasi prog, che accompagnano però parole e rime un po’ più semplici rispetto al precedente, mentre “Buongiorno” scaccia le scorie precedenti e traccia, con i suoi passaggi dal tono minore al maggiore e viceversa, con la fisa che ci riporta ancora in Francia, stendendosi leggera anche col violino, l’inizio della storia.

“I confini del mondo” sembra, appunto, estendere i confini della storia a livello globale, introducendo anche musicalmente ulteriori elementi (che ritroveremo anche più avanti), con il flauto che colora una bossa nova e accompagna anche la voce femminile della moglie Talitha Knight, in una sorta di reciproca promessa punteggiata, anche qui, da variazioni da minore a maggiore; questo ottimismo, però, trova mitigazione nella successiva “Lontani”, che inizia dolce e delicata con arpeggio di chitarra, archi e piano, per finire poi più impetuosa con una bella chitarra elettrica.

La crisi appena accennata si compie in “Con te”, dove torna la fisarmonica (e gli echi d’oltralpe), con tempo in tre quarti e violino, fino alla “Canzone a metà” che rappresenta, nel disco, nella metaforica giornata e nella storia, il punto di mezzo, ancora con violino, fisa e ritmo in tre quarti, fino ad aprirsi full band nella seconda parte. 

Ritorna la bossa nova in “Cuore” (di cui è presente anche un video, ed una bella versione in acustico), con tromba, echi jazz ed un ritornello in maggiore, ed introduce al contrastato sentimento di “Nostalgioia”, con citazioni da Califano a Modugno, un violino quasi country ed echi British zona Liverpool.

Il giorno volge al termine, e “L’ora magica” è quella del tramonto, in cui tutto è possibile, anche riconciliarsi, a ritmo di una bossa nova più delicata, punteggiata nel finale dalla tromba, fino all’equilibrio raggiunto in “Due come noi”, delicato brano con solo piano e violino.

Trascorso l’intero giorno, torna la notte, annunciata dal colore “Amaranto” del crepuscolo, atmosfera vagamente irlandese, belle percussioni, fisarmonica e bouzouki, dal sapore più marcatamente cantautorale, sicuramente tra i brani più riusciti dell’album.

“Questa notte” introduce, proprio sul finire del giorno e della metafora, atmosfere andaluse ed argentine, per una ritrovata serenità in una fine che rappresenta nello stesso tempo l’inizio di un nuovo ciclo.   

Chiude la ripresa di “Due come noi”, per solo arpeggio di chitarra e voce femminile.

Non proprio, dunque, un concept album, ma una serie di canzoni legate dal filo logico di una narrazione, da ascoltare per intero ed in sequenza per coglierne appieno il significato, per farci portare sopra le montagne russe di una storia d’amore che dispiegano i propri saliscendi in un viaggio musicale attraverso vari angoli del mondo.

Rino Bonina