In coda al 2019, quindi poco prima dell’esplosione della pandemia, il cantautore fiorentino Massimiliano Larocca pubblicava questo lavoro dal colore oscuro (quasi a presagire il periodo buio che stava per arrivare), in cui si alternano luci ed ombre, chiaroscuri musicali e dell’anima, immagini da film incastrate tra parole e musica, brevi storie musicate.
Un disco in qualche modo innovativo per l’autore, che però mantiene dei legami col passato, o meglio con quegli elementi di novità che aveva già introdotto negli ultimi suoi lavori.
Il forte taglio internazionale, portato dalla produzione di Hugo Race (ex Nick Cave & The Bad Seeds e, in Italia, Afterhours, La Crus, Cesare Basile, Sacri Cuori/Fatalists), rappresenta il compimento del percorso intrapreso con l’album del 2014 “Qualcuno stanotte”, in cui si avvaleva della collaborazione dei Sacri Cuori, e proseguito con la trasposizione in musica delle poesie di Dino Campana nell’album “Un mistero di sogni avverati”, pubblicato nel 2016, sempre con la collaborazione dei Sacri Cuori, e con la presenza di Hugo Race.
Ed oltre ad Hugo race, anche i Sacri Cuori sono ancora presenti in questo nuovo lavoro con i colori e le chitarre rock di Don Antonio (Gramentieri), nonché con Diego Sapignoli e Francesco Giampaoli.
Completano lo straordinario parterre di collaboratori Enrico Gabrielli (Calibro 35, Winstons), con i suoi fiati, Howe Gelb (Giant Sand), cantautore, musicista e produttore cult della scena indipendente, Lorenzo Corti (Nada, Cristina Donà, Luci della Centrale Elettrica etc.), Gianfilippo Boni, un terzetto d’archi formato da Erika Giansanti (Marco Parente, Verdiana Raw), Jacopo Ciani (The Gang) e Alice Chiari (Mago Santo) e la cantautrice fiorentina Giulia Millanta, senza dimenticare le illustrazioni di Enrico Pantani.
In questo lavoro inoltre Larocca affina il suo caratteristico gusto per la rima, eliminando gli eccessi che in passato potevano apparire come forzature, e sviluppa ulteriormente anche il suo stile canoro da rocker moderno e tenebroso, adattissimo alle atmosfere dark portate dalla commistione tra strumenti acustici, elettrici ed elettronica.
Non mancano aperture sonore come in “Cose che non cambiano”, uscito come singolo e da cui è stato tratto un video animato firmato da Enrico Pantani, ma senza dubbio il mood principale dell’album descrive atmosfere cupe, ben scandite dal lavoro dei musicisti, dalla voce di Larocca e dai testi in italiano, inglese e francese.
Un disco di ottima qualità, e non poteva essere altrimenti tenuto conto del valore dei musicisti presenti e della buona scrittura di Larocca, a partire dall’iniziale “Black love” fino alla conclusiva “Il cuore degli sconosciuti”, passando per la citata “Cose che non cambiano”, la quasi narrata “(Eravamo) orfani”, le più elaborate “Il giardino dei salici”, in cui si sente il lavoro di Gabrielli ai fiati, e “Fin du monde”, le chitarristiche (ma non solo) “Guerra fredda” e “Il regno”, la più ambient “La stanza”, le più tradizionali “Perdiamoci” e “Si chiamava Lulù”.
Forse non è un album immediato, ma gli 11 brani, quasi 50 minuti di ottima musica, sono da ascoltare tutti d’un fiato, e da riascoltare più volte per cogliere al meglio tutte le sfumature, e vedrete come il vostro gradimento crescerà, ascolto dopo ascolto.
Rino Bonina