In Sicilia i contagi dovuti alla variante inglese del coronavirus hanno superato quelli causati dal ceppo originario, come nel resto d’Italia. Al 18 febbraio scorso la prevalenza della mutazione britannica era pari al 55,2 %, poco sopra la media italiana del 54. E l’Isola è una delle tre regioni del Paese ad aver registrato la presenza della variante sudafricana, mentre non è ancora stata rintracciata quella brasiliana che galoppa in Italia centrale. Sono i dati della nuova ‘flash survey’ condotta dall’Istituto superiore di sanità e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla fondazione Bruno Kessler.

In Sicilia hanno partecipato cinque laboratori di riferimento (Policlinici di Palermo, Catania, Messina, Crqc e Istituto zooprofilattico sperimentale). I tamponi positivi selezionati sono stati 268. Di questi 63 sono stati sottoposti a sequenziamento del genoma, una tecnica lunga e costosa (circa 120 euro a procedura): 32 sono hanno rilevato la variante inglese (il 55,2 per cento) mentre uno solo la variante sudafricana (1,7 per cento)

L’Iss sottolinea che la variante inglese sta diventando “quella prevalente nel Paese, e in considerazione della sua maggiore trasmissibilità occorre rafforzare le misure in tutto il Paese “per “contenere e ridurre” la diffusione del virus “mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt sotto l’1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi”.

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