CHIARABLUE – INDIFESI

Durante il lockdown che, nel 2020, ci ha un po’ tutti disorientati e spiazzati, Chiarablue faceva parte di quella schiera di artisti che quotidianamente, o quasi, proponeva dirette che in qualche maniera (a mio parere) aiutavano chi fosse in animo di ascoltarle (e molti, in verità, non lo erano), a sentirsi meno soli, a provare a superare una situazione di indubbia angoscia e privazione, di cose per carità più importanti, ma anche di altre piccole gioie quali assistere ad un evento musicale.

Nella fattispecie, il conforto era dato dalla delicatezza, l’eleganza, l’ironia con cui Chiara Mariantoni (il suo nome di nascita), insieme a Matteo Iarlori, suonavano, cantavano, intrattenevano anche amabili discussioni con altri artisti, spesso anche tentando dei duetti a distanza, pressoché impossibili date le difficoltà dello streaming.

In questo album ho quindi ritrovato, piacevolmente, le stesse caratteristiche riscontrate in quelle dirette, ovviamente con qualità sonora nettamente superiore a quella dello streaming…

La buona scrittura di Chiara (è l’unica autrice di tutti i brani), che le è valsa già riconoscimenti importanti quali le finali del “Premio Bianca d’Aponte” nel 2019 e del “Premio Bindi” nel 2020, è sostenuta da un importante gruppo di musicisti che, oltre alle chitarre del già citato Matteo Iarlori, annovera le percussioni di Francesco Perrotta, il contrabbasso di Francesco Carcano, il violino di Andrea Aloisi, oltre ad ospiti di eccezione come Daniele Moretto (tromba), Marco Scipione (sax), Angelo Pusceddu (percussioni), Livio Gianola (chitarra flamenca), il Khora Quartet (archi), oltre a Fabrizio Bosso (tromba) e Luca Jurman (Pianoforte, Rhodes, Clavinet).

Musiche e ritmi prevalentemente sudamericani, con un paio di brani più marcatamente messicani e contaminazioni mediterranee sparse un po’ ovunque.

Un viaggio musicale tra ballata messicana, echi anni ’30, atmosfere gitane o andaluse, latin-jazz, sound mediterraneo, ritmi di rumba, salsa e bossa, e anche altro, che è anche una metafora di un altro viaggio, stavolta interiore, descritto dai testi.

Testi, il cui tema è prevalentemente l’amore, nelle sue infinite sfaccettature e stati d’animo, da quello che ci rende felici a quello che conduce a condividere solo il male, da quello che porta a credere ad una promessa poi ingannata a quello tossico, da estirpare, da quello portato via da una bomba a quello che rende indifesi, per terminare il viaggio con una rinascita, ottenuta esplorando le proprie imperfezioni e le ferite subite, e tornando ad essere integri e forti.

Un disco da ascoltare con attenzione perché i testi sono apprezzabili, ma buono anche da mettere in sottofondo per lasciarsi trasportare dalle musiche. Dipende dal tipo di viaggio che volete fare, ovvero se volete anche voi guardarvi dentro, o semplicemente farvi cullare dalle molteplici sonorità che tuttavia integrano un impianto sonoro complessivamente organico.

Sono certo che sarà interessante da ascoltare anche dal vivo, stavolta, ci auguriamo tutti, senza streaming, ma semplicemente di persona…

Rino Bonina

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