La verifica dell’identità del possessore del green pass “ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione. Tale verifica si renderà comunque necessaria nei casi di abuso o elusione delle norme”, per esempio “quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione”. Ecco la soluzione che la circolare del Viminale – annunciata lunedì dalla ministra Luciana Lamorgese e firmata dal capo di gabinetto Bruno Frattasi – individua per sciogliere il nodo di cui tanto si è discusso negli ultimi giorni: cioè se i titolari di bar e ristoranti debbano o meno richiedere i documenti agli avventori per “completare” il controllo del green pass. In sostanza, precisa il ministero, gli esercenti hanno la facoltà di chiedere la carta d’identità ma non sono obbligati a farlo, a meno che non si trovino in presenza di un chiaro tentativo di frode: ad esempio una data di nascita riportata sul pass incompatibile con l’età del possessore, o un possessore uomo a fronte di un’intestataria donna (o viceversa). E in ogni caso “la verifica di cui trattasi dovrà essere svolta con modalità che tutelino anche la riservatezza della persona nei confronti di terzi”.