Messina – Un deposito di gas naturale liquefatto nella città dello Stretto? Ipotesi totalmente bocciata da parte del candidato sindaco della lista “Messina In Comune”, Gino Sturniolo, che in merito interviene dando seguito alle parole del sottosegretario alle infrastrutture Giancarlo Cancelleri. Quest’ultimo, infatti, nel settembre scorso, accompagnato dai suoi componenti del Movimento 5 Stelle locali, annunciava nel corso di una conferenza stampa svoltasi nei locali dell’Autorità di Sistema Portuale che Messina avrebbe avuto, grazie alle risorse del PNRR, un suo grande deposito di GNL (Gas Naturale Liquefatto). «Non sono passati molti mesi e l’AdSP ha bandito una ‘Raccolta di manifestazioni di interesse per la presentazione di proposte di project financing per la realizzazione di un deposito costiero GNL a Messina – dichiara Sturniolo – Il progetto è inserito nell’ambito di una narrazione green finalizzata all’abbandono di carburanti ad alte produzione di CO2 e all’utilizzo del GNL, come se questo non ci lasciasse dentro la politica energetica delle fonti fossili». «Ciò che, però, più colpisce, è la confessione nel dispositivo stesso del bando della pericolosità del sito – evidenzia il candidato di Messina In Comune – Tra i quattro possibili siti presi in considerazione per la realizzazione dell’impianto (Villafranca Tirrena, Ex Sanderson, San Filippo e Contesse), quello di San Filippo, prescelto perché complessivamente più conveniente, è, infatti, tra i peggiori dal punto di vista della sicurezza».

«Insieme a Ex-Sanderson e Contesse, esso è altamente congestionato dalle abitazioni vicine e dalla ferrovia, che vengono raggiunte da tutti gli scenari incidentali – continua Sturniolo – In particolare, le criticità sono: il tubo criogenico che passa sotto la ferrovia; la vicinanza dell’impianto alla ferrovia che deve essere considerata come fonte d’innesco e comporta problemi di vibrazioni e correnti vaganti nel terreno; la presenza di una nube infiammabile sopra le abitazioni e la ferrovia; e abitazioni e la ferrovia colpite da eventi di Jet Fire (tipo di incendio derivato da perdite nei serbatoi pressurizzati)». «Basterebbe già questo per dire che potremmo fare anche a meno di prenderci questi rischi, ma come se non bastasse il progetto prevede una cessione di risorse pubbliche agli investitori privati. Il modello finanziario è sviluppato, infatti, nella prospettiva di un investitore che sia ‘attore principale della gestione dell’opera con conseguente sostentamento delle spese di gestione ed incasso dei profitti’, che godrebbe di un intervento di capitale pubblico a fondo perduto di 30 milioni di euro. Sembra la solita storia: ai privati i guadagni; al pubblico i costi; ai cittadini i rischi», conclude.