Non mancheranno di arrivare a Palazzo d’Orleans i rintocchi di quanto accaduto ieri a Palazzo Madama per l’elezione del presidente del Senato. Ignazio La Russa, avvocato e figlio d’arte (il padre Antonio, nel dopoguerra fu senatore del Movimento Sociale Italiano) è il quarto siciliano ad essere stato eletto Presidente del Senato della Repubblica Italiana, dopo Giuseppe Paratore (1952-1953), Renato Schifani (2008-2013) e Pietro Grasso (2013-2018). La Russa è parlamentare da 9 legislature; è stato eletto la prima volta nel 1992 nelle fila del Movimento sociale. Nel 1995 è tra i fondatori di Alleanza Nazionale. E’ stato ministro della Difesa nel governo Berlusconi IV dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011. Nel 2013 entra a Montecitorio con FdI, partito di cui è cofondatore insieme a Meloni e Crosetto. Nel 2018 ricopre la carica di vicepresidente del Senato della Repubblica con 119 voti e da ieri ricopre la seconda carica dello Stato con 116 voti (99 del centrodestra e 17 di franchi tiratori).

D’obbligo questa breve presentazione del senatore La Russa. Oggi sarà la giornata della prova del 9 dal momento che ieri il presidente del Senato non ha goduto del voto dei “fratelli/alleati” forzisti, tranne che per i voti di Casellati e Berlusconi, ricevendo ben 17 voti da deputati di opposizione. Lecito, quindi, attendere con un pizzico d’ansia la conta delle preferenze che porterebbero Lorenzo Fontana allo scranno più alto di Montecitorio, il Palazzo romano che ospita la Camera dei deputati. Tre Palazzi legati da un destino comune? Sembrerebbe che la coalizione di maggioranza, questa volta, sia unita nella volontà di avere il leghista Fontana a presidente della Camera. Sembrerebbe spenta sul nascere quell’aria di sfida insinuatasi tra il Cavaliere di Forza Italia e la leader della Destra Italiana per via della definizione dei ministri. Giorgia Meloni continua con lucidità e razionalità nel progetto prefissatosi: abbasso alle raccomandazioni/imposizioni. In Sicilia, però, si temono ripercussioni per la vicenda di Roma che potrebbero complicare le operazioni del neo governatore Schifani indirizzate alla nascita della giunta regionale. Berlusconi, a Roma, è stato arginato. A Palermo come si conterrà l’agire di Gianfranco Miccicchè? Anche Renato Schifani si troverà costretto a ricevere aiuto dalle forze di minoranza?

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