Fonti autorevoli accreditano il coinvolgimento di un soggetto italiano, di cui al momento si conoscono solo le iniziali N. N., impiegato di un ente agricolo governativo in Italia, che potrebbe essere accusato di un’ingente truffa, in ambito IVA, a danno dell’erario spagnolo nel settore della distribuzione dei carburanti.
Il soggetto coinvolto si servirebbe di soggetti e società compiacenti in territorio iberico, di sicuri agganci nell’ambito dei depositi fiscali, come quello di Tarragona, nonché di società schermo, al di fuori dell’Unione Europea.
Sulla vicenda, si attendono gli esiti delle indagini.
Le frodi nella distribuzione dei carburanti. Cali ed evasione Iva dietro le vendite sottocosto. Oltre al contrabbando vero e proprio, al dirottamento, cioè,sul territorio nazionale di carichi formalmente diretti all’estero e alla destinazione di gasolio agevolato a usi con accisa piena, sono sempre più utilizzati altri metodi frodatori per evadere le imposte e vendere carburanti sottocosto.
Come nel caso dello sfruttando dei cali fisiologici dei prodotti, utilizzando false società di export o attraverso il sistema delle c.d. frodi carosello.
I sistemi frodatori si basano anche sul fatto che il gasolio è come il denaro. Una volta consumato,
non esiste più.
L’evasione fiscale ammonta a diverse decine di miliardi di euro l’anno, solo in Spagna. Una parte sempre più consistente di tale evasione, riguarda il settore petrolifero. Un fenomeno che da fisiologico e marginale sta diventando patologico e strutturale.
Un fenomeno che ha il subdolo effetto di drogare il mercato, di far scendere artatamente i prezzi al consumo dei carburanti e che rappresenta, da un lato, una perdita ingente di gettito per lo Stato, e dall’altro, un meccanismo di concorrenza sleale e non sostenibile per tutti gli operatori onesti del settore. Fenomeno che sta causando ingenti danni a quelle aziende che lavorano nel rispetto delle leggi.
Un fenomeno, peraltro, difficile da tenere sotto controllo e da reprimere, per tutta una serie di
ragioni.
Molteplici sono i sistemi ed i metodi frodatori utilizzati per vendere sottocosto, approfittando sia della crisi dei consumi che abbassa le soglie di tolleranza al rischio, che del pesante carico fiscale sui prodotti petroliferi che funge da volano e solletica gli appetiti criminali, prospettando lauti guadagni.
Escludendo il “dirottamento” all’interno del territorio nazionale di merce documentalmente destinata all’estero e che viaggia quindi in sospensione di accisa, e la messa in consumo di gasolio agevolato per usi con accisa piena, gli ulteriori e principali metodi frodatori sono rappresentati:

a) dalla sottrazione all’accertamento di prodotto da depositi fiscali e raffinerie sfruttando i cali
fisiologici dei prodotti stessi,

b) gli acquisti senza Iva utilizzando false società esportatrici

c) le frodi c.d. carosello.


a) I cali. Tale sistema è costituito dal furto sistematico di olio minerale, effettuato eludendo i sistemi di controllo aziendali e/o con la connivenza dei gestori dei depositi. Il prodotto viene periodicamente sottratto all’accertamento fiscale in uscita dal deposito badando di non sforare la soglia rappresentata dai cali legali consentiti (proporzionali ai volumi di vendita). In tale maniera gli ammanchi di prodotto, vengono giustificati dal calo naturale e fisiologico delle merci.
Se non colta in flagranza, tale procedura non è rilevabile a posteriori da nessun organo di
controllo.
Il giochetto dei cali tecnici legali può essere anche applicato dal titolare di deposito fiscale che riceve prodotto con accisa in sospensione e certifica che, su un tipico carico da 30mila litri, ne mancano 150 per via dei cali di trasporto fissati nello 0,50% dell’intero carico. Calcolando poco meno di dieci carichi al giorno, mi ritrovo con mille litri di prodotto al giorno “puliti” e ufficialmente inesistenti (cali fittizi) che posso immettere sul mercato a beneficio di aziende di autotrasporto o titolari di punti vendita compiacenti. Pertanto, maggiore è la movimentazione del prodotto, maggiori saranno i quantitativi “in nero” che si possono ricavare. Con questo sistema si evadono le accise.
b) False società di export. La frode consiste nell’immettere in commercio il prodotto evadendo
l’IVA. Il meccanismo funziona più o meno così. Viene costituita una società “ALFA” intestata a
un prestanome. La società dichiara di essere esportatrice abituale verso Paesi extra UE e
deposita per questo presso le autorità fiscali una falsa dichiarazione di intento.
Nel documento si dichiara di avere fatto esportazioni nell’anno passato e di avere così maturato
un credito IVA. Il credito (plafond) può essere “speso” comprando – in un Paese dell’UE – in
esenzione Iva.
Con tale dichiarazione ci si può presentare ad un fornitore “BETA” (deposito) che venderà il prodotto senza l’applicazione dell’IVA.
La società ALFA acquista quindi da BETA con prezzo che sarà netto dell’IVA, in funzione della falsa dichiarazione di intento, per la quale, il fornitore (deposito), ha solo l’obbligo di verificarne il deposito presso le autorità fiscali. ALFA cede rilevanti volumi di petrolio, applicando l’IVA nei confronti dei clienti, con prezzi fortemente concorrenziali per il fatto che ho comprato in esenzione Iva, senza alcuna intenzione di versare l’IVA che incassa.
Attraverso le forniture effettuate direttamente dal deposito fornitore, i clienti ritengono che le operazioni siano perfettamente lecite, poiché documentate da DAS (emesso da un operatore conosciuto) e regolare fattura. La dichiarazione IVA va resa alla fine dell’anno successivo a quello dell’operazione. Nel frattempo, la società ALFA sparisce, il prestanome è un nullatenente e l’Erario non vede versato niente a titolo di IVA. Proprio per questo, il segno di riconoscimento di tali società che sorgono come funghi, è rappresentato dal fatto che nascono e spariscono in meno di due anni e risultano sconosciute nel settore.
c) Frodi carosello. In tale fattispecie, un sodalizio criminoso crea una società intestata a un prestanome, denominata cartiera, perché produce solo fatture. La cartiera compra il prodotto da un Paese comunitario e che viaggia in sospensione di accisa e di Iva. Si presenta a un deposito fiscale che presta il servizio di regolarizzazione del prodotto dal punto di vista dell’accisa ed emette il DAS nei confronti dei destinatari.
La cartiera vende essa stessa direttamente il prodotto o per il tramite di una società interposta definita “filtro”. Da ultimo, la cartiera dovrebbe versare l’Iva incassata per le vendite precedenti, ma la stessa sparisce ancor prima di dover rendere la dichiarazione alle autorità fiscali. Anche in questo caso, il prestanome è sempre nullatenente.
L’evasione Iva vede la partecipazione di soggetti che operano al limite della legalità e che pare vadano a “raggirare” i gestori dei depositi fornitori. Centrale, in tutto questo, è quindi il ruolo dei titolari di depositi.

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