La Finanziaria regionale sotto osservazione del Mef aveva approvato fra l’altro la norma “salva ospedali di periferia” che prevede un incentivo di diciottomila euro l’anno, per una spesa complessiva di dieci milioni di euro, per i medici in servizio negli ospedali delle piccole città.
Secondo il report del dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato della Salute, i medici che prestano servizio nei presidi disagiati sono 302 (di cui 289 a tempo indeterminato), a fronte di una pianta organica di 576.
L’obiettivo è quello di trattenere il personale nelle sedi più disagiate, come le isole minori, le zone montane e periferiche, e, nel contempo, di provare a convincere i medici a trasferirsi in queste strutture cosiddette di frontiera.
Si tratta di dare quindi un incentivo economico aggiuntivo allo stipendio, che potrà portare i camici bianchi a scegliere degli ospedali di periferia.
La norma però dovrà essere riscritta come indennità per spese di trasporto e alloggi dei medici disposti a lavorare in zone disagiate, in quanto da come è stata approvata, non sarebbe compatibile con la contrattazione collettiva nazionale, oltre al fatto che potrebbe legittimare gli stessi aumenti per altri medici convenzionati.