Secondo il Piano di Assetto Idrogeologico Siciliano del 2021, il 76,5% della costa siciliana è a rischio erosione. In particolare, il 43.6% è a rischio elevato (per il quale sono possibili danni edilizi) e il 32.9% è a rischio molto elevato (per il quale sono possibili gravi danni edilizi e umani). Le cause del rischio di erosione sono diverse, ma quelle che hanno inciso di più negli ultimi 30 anni sono state gli interventi di artificializzazione e cementificazione, sia legale che illegali realizzati lungo le nostre coste.

Dal 2006 al 2021, l’avanzata del cemento nei comuni costieri è aumentata del 6%, e il consumo di suolo costiero sul totale regionale è pari al 56,4%, il più elevato in Italia.

Ad aggravare ulteriormente la situazione concorre sempre di più la crisi climatica e i suoi effetti. La Sicilia è la regione italiana più colpita da fenomeni meteorologici e idrogeologici, tra cui piogge intense e mareggiate che aggravano l’erosione principalmente durante l’inverno. Nel periodo 2010-2023 sono stati 154. Preoccupa inoltre il progressivo innalzamento del livello del Mediterraneo che, secondo i dati dell’IPCC nel loro ultimo rapporto sui cambiamenti climatici, nell’ultimo secolo si è innalzato in media di 1,4 mm l’anno.

In questi ultimi decenni si sono fatte scelte sbagliate, a partire dalla manomissione dei corsi d’acqua, da cui alla fine degli anni 70 sono stati sottratte consistenti quantità di sabbia e ghiaia utilizzate per alimentare la speculazione edilizia legale e illegale lungo la fascia costiera. Le scelte sbagliate sono continuate fino agli anni 90, con la realizzazione di opere di sbarramento (briglie, soglie e traverse), motivate più dall’interesse ad attivare appalti pubblici che da reali esigenze idrogeologiche.

Ad alterare la linea di costa ha contribuito la realizzazione di porti turistici (marine a gestione privata), le cui dighe foranee hanno inibito il flusso dei sedimenti, innescando erosione sottoflutto in corrispondenza di zone abitate. Tuttavia, a causare più danni e a peggiorare il regime delle nostre spiagge, nonché il loro degrado, sono state paradossalmente quelle opere marittime nate da intenti e richieste di “difesa” della costa rispetto all’avanzante fenomeno erosivo.

Riproducendo l’effetto-trappola dei sedimenti trasportati lungo costa, questi interventi hanno moltiplicato i punti sottoposti ad erosione, aggravando ulteriormente il dissesto delle nostre spiagge.

Emblematici sono gli interventi, come i casi studio raccontati nel dossier, di opere di difesa rigida dell’esistente e la costruzione di strade ed altre opere di urbanizzazione in prossimità alla linea di battigia in aree esposte al rischio di erosione, interventi che hanno avuto come unico effetto quello di continuare a “rubare” spazio al mare.

“Come raccontiamo nel Dossier- dichiara Salvatore Gurgone – responsabile Erosione Costiera di Legambiente Sicilia – l’attuale stato dell’erosione delle coste siciliane non è altro che il risultato di una gestione del territorio e della spesa pubblica non orientata all’interesse generale. Ciò ha prodotto quegli interventi antropici, legati alla cementificazione illegale e anche legale, che hanno innescato il degrado dell’ambiente costiero e l’erosione delle spiagge. Questo quadro è destinato ad aggravarsi con l’aumento della frequenza di eventi meteo-marini estremi provocati dal mutamento climatico già in atto”

“Le spiagge siciliane vanno tutelate – dichiara Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia – affinché costituiscano quella straordinaria risorsa ambientale, capace di trainare un settore turistico basato sulla effettiva valorizzazione dell’identità culturale dei luoghi. La loro tutela dipende anche, e soprattutto, dalla qualità delle politiche urbanistiche e dalle strategie di governo del territorio in area vasta. L’occupazione delle pianure costiere, l’urbanizzazione spinta ai limiti della battigia creano i presupposti per fenomeni di erosione degli arenili e di inquinamento delle acque del mare”