Riflettendo sulle forti emozioni di lavoratori ex Asu.

In questi giorni abbiamo letto di tanti Comuni che hanno potuto stabilizzare lavoratori Asu, precari da decenni.
I vari sindaci hanno comunicato la notizia con soddisfazione e sono stati tanti i messaggi di congratulazione e di gioia scambiati tra colleghi e conoscenti. Tutto bellissimo!
Pur conoscendo alcuni ex Asu, oggi dipendenti comunali equiparati ai colleghi, posso solo immaginare il senso di appagamento e la commozione che li avvolge e si irradia sui loro familiari, figli e genitori.
Venir fuori da una ‘zona’ di precariato per immettersi in una ‘zona confort’ non è soltanto il sogno di una vita, è la possibilità di realizzare le proprie aspirazione con quella sicurezza economica che diventa serenità d’animo.
Mia nonna avrebbe detto “solo chi è in una determinata condizione può comprenderla fino in fondo”. Ed infatti, sto facendo delle riflessioni cercando di immedesimarmi sullo stato di grazia, su quella felicità che così poche volte tocca ciascun essere umano e che assume diverse forme per ognuno.
A scrivere questi pensieri mi ha spinto una delle 62 persone ex Asu che lunedì 16 settembre firmeranno il contratto di lavoro con il loro nuovo datore di lavoro, il Comune di Capo d’Olando.
L’avevo chiamata per porgerle gli auguri e con grande emotività e commozione mi ha manifestato il turbinio di sentimenti che le attraversavano mente e cuore.
Da un lato la perseveranza pur nell’incertezza che l’impegno di decenni non si sarebbe potuto tramutare in lavoro a tempo indeterminato, dall’altro lato una diversa prospettiva del futuro, non solo per se stessa ma anche per i propri familiari.

E mentre si raccontava con confusione, un pizzico di rabbia per il passare degli anni ed il timore per quanto le riserverà il domani, emergeva pian piano dal profondo della sua intelligenza, il sentimento della gratitudine, parola quasi fuori uso.
Era grata a quanti le erano stati accanto in questi anni di precariato; sia verso chi non l’aveva derisa e strattonata sia verso chi l’aveva spronata a fare bene, a migliorarsi.
Perchè alla fine ciò che rimane è la consapevolezza che senza Maestri che ci guidano non saremmo le persone che siamo.

Così, la telefonata si è conclusa con questo grande senso di gratitudine verso le persone che l’hanno aiutata a dare il meglio di sè, potenziando le capacità ed accrescendo le competenze che da domani continueranno ad essere a beneficio della comunità, ma con una serenità d’animo nuova.
L.L.